L’intelletto approvato dalla religione non è l’intelletto capace di discernere ciò che è opportuno e che noi utilizziamo nell’uso comune, nonostante anche tale intelletto sia approvato dalla religione. È degno di nota che l’intelletto si limita alle percezioni e può comprendere una serie di concetti generali, ma non ha la capacità di trattare i dettagli. L’essere umano necessita pertanto di un'altra fonte conoscitiva che lo aiuti a comprendere i dettagli: quella fonte conoscitiva è la rivelazione.
Per il taqlid si possono considerare due significati: uno negativo e un altro positivo. Quest’ultimo è quello che viene trattato nella giurisprudenza islamica: un termine specifico di giurisprudenza che nel lessico arabo significa consultare un esperto nel suo ambito professionale. Perciò quando noi seguiamo un esperto e mujtahid, è perché non siamo mujtahid ed esperti nella religione.
La funzione dell’intelletto nel dedurre le norme religiose
L’intelletto approvato dalla religione non è l’intelletto capace di discernere ciò che è opportuno e che noi utilizziamo nell’uso comune, nonostante anche tale intelletto (in parte) sia approvato dalla religione. È degno di nota che l’intelletto si limita alle percezioni e può comprendere una serie di concetti generali, ma non ha la capacità di trattare i dettagli. L’essere umano necessita pertanto di un'altra fonte conoscitiva che lo aiuti a comprendere i dettagli. Quella fonte conoscitiva è la rivelazione, che nell’Islam avviene in due casi:
- Nel Corano e nella tradizione: cioè, oltre al significato, anche le parole di questo libro sono una rivelazione divina. Il fatto che alcuni sostengono che solamente il significato del Corano è rivelazione e non hanno accettato la rivelazione delle sue parole nel cuore del Profeta (S), è sbagliato. Nella cultura islamica la differenza tra gli hadìth qudsi[1] e i versetti del Corano è proprio questa, ossia che negli hadìth qudsi il contenuto è divino e rivelato, mentre le parole sono del Profeta (S), per quanto riguarda il Corano invece, sia il contenuto è rivelato sia le parole stesse sono state rivelate al cuore del Profeta (S).
- Un’altra sua manifestazione sono i principi rivelati presenti negli hadìth, ovverossia il Profeta (S) non parlò in base al proprio istinto e impulso. Infatti il sacro Corano dice: “e neppure parla d'impulso: * non è che una Rivelazione ispirata”.[2]
Inoltre in un hadìth è stato tramandato che: “Uno dei trasmettitori di hadìth, incollerito, si presentò presso il Profeta (S) che gli chiese: «Perché sei adirato?», rispose: «Io scrivo tutto ciò che lei dice, però i Coreisciti mi contraddicono dicendo: ‘Perché scrivi tutto ciò che dice il Profeta (S)? Anche il Profeta è un essere umano: quando è irritato dice una cosa e quando è contento ne afferma un'altra’». Il Profeta (S) replicò: «Tu scrivi! Giuro su Colui che possiede la mia vita nelle Proprie mani, che dalla mia bocca non esce nulla se non la verità»”.[3]
La Gente della Casa (A) sono coloro che conoscono l’interpretazione esoterica del Corano, infatti il sacro Corano dice: “… mentre ne conoscono il significato solo Allah e coloro che sono radicati nella scienza…”[4]. Coloro che sono radicati nella scienza sono gli Imam (A) che conoscono l’interpretazione esoterica del Corano, cioè la sua origine. Naturalmente ciò è dovuto alla sapienza divina che si è manifestata nelle loro parole ed è stata riportata a noi.
Date le spiegazioni avanzate, se vogliamo apprendere una questione religiosa, dobbiamo rivolgerci al Corano e agli hadìth; però bisogna considerare anche il fatto che per comprendere il Corano, è necessaria la padronanza della lingua araba, dei concetti e della cultura nel contesto della rivelazione, nonché la conoscenza degli hadìth. Infatti gli hadìth interpretano i versetti e di alcuni ne citano le condizioni; la comprensione degli hadìth richiede la conoscenza delle fonti, perché bisogna capire se la fonte di un hadìth è attendibile o meno e se l’hadìth può essere messo in pratica oppure no. Queste discussioni esigono dibattiti metodologici che sono trattati nei “Principi di giurisprudenza islamica”. L’insieme di suddette informazioni viene definito ijtihad, e quest’ultima è una specializzazione attraverso la quale un individuo è in grado di consultare le fonti principali della religione, ovvero il Libro, la sunna e l’intelletto e dedurne poi le regole.
Certamente l’intelletto è molto limitato e un mujtahid ricava la maggior parte delle regole dalle parole del Corano e degli hadìth, quindi non con l’intelletto. Sicuramente quindi non tutti gli individui possono essere esperti di norme islamiche, e l’ijtihad è un compito che richiede moltissima energia e abilità. Inoltre il sacro Corano afferma che non è necessario che tutti diventino esperti della religione, bensì solo una parte della gente deve approfondire la religione[5] e i mujtahid ne sono un gruppo.
La funzione del taqlid nelle regole shariatiche
In merito al taqlid bisogna dire che possono essere presi in considerazione due significati:
- Significato negativo: imitazione senza motivo. Quando una cosa diventa alla moda e la gente la segue, questo è il significato dell’imitazione che rovina la gente.
- Significato positivo: il taqlid che viene trattato nella giurisprudenza islamica; è un suo termine specifico che nella cultura araba significa consultare un esperto nel suo ambito specialistico. Pertanto, quando noi seguiamo un esperto e mujtahid, ciò è dovuto al fatto che noi non siamo mujtahid ed esperti della religione da comprendere la sua opinione; questo è un metodo che razionalmente viene utilizzato in tutte le questioni professionali. Per esempio quando una persona si ammala, consulta un medico poiché egli è specializzato in questo campo. In conclusione giacché non tutte le persone possono specializzarsi in giurisprudenza islamica, esse devono rivolgersi a un mujtahid per quanto riguarda la religione; questo è un comportamento totalmente razionale e questo genere di taqlid ha un significato positivo.
Per approfondire maggiormente il taqlid v'invitiamo a consultare anche questo testo del sito:
[1] Hadìth in cui un Profeta o Imam (A) tramanda la parola divina.
[2] Sacro Corano, 53:3 e 4:
"وَ ما يَنْطِقُ عَنِ الْهَوى، إِنْ هُوَ إِلاَّ وَحْيٌ يُوحى."
[3] Ahmad ibn Hanbal, Al-Musnad, vol. 2, pag. 162, riportato da Ja'far Sobhani, Musu'at Tabaqat al-Fuqaha', vol. 1, pag. 179; Sayyid Muhammad Tantawi, Al-Tafsir al-Wasit lil-Qur'an al-Karim, vol. 14, pag. 59.
[4] Sacro Corano, 3:7:
"...وَ ما يَعْلَمُ تَأْويلَهُ إِلاَّ اللَّهُ وَ الرَّاسِخُونَ فِي الْعِلْم...".
[5] Sacro Corano, 9:122.