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Alcune religioni narrano la storia di Adamo (A) ed Eva (A) secondo cui, dopo aver mangiato il frutto che Iddio aveva loro proibito, si palesarono loro le pudenda. Anche nel Corano si fa riferimento a questa vicenda in alcuni versetti. Questi versetti possono essere suddivisi in due parti e noi approfondiremo la seconda. I versetti del secondo gruppo, dove viene utilizzato un termine derivante dalla radice “bada, yabdu”, e che significa “palesarsi”, sono più numerosi e il significato è più consono alla domanda. Questo termine è usato anche in altri versetti; considerando il suo significato e come viene utilizzato negli altri versetti, gli esegeti ricorrono al significato letterale del termine per spiegare il versetto. Il fatto che loro prima di mangiare il frutto erano ignoranti di questa indecenza e che se ne resero conto solo dopo che le loro pudenda si erano palesate, non può essere dedotto da questi versetti. Il significato essoterico dei versetti è che, prima di mangiare il frutto, le pudenda non erano palesi per loro e dopo averlo mangiato lo diventarono.
Uno dei fattori che può essere citato, per cui le pudenda erano celate, è che questa questione non li riguardava e quindi non la prendevano in considerazione.
Per rispondere a questa domanda è necessario analizzare alcuni punti che suddivideremo nelle seguenti fasi:
1. Analizzeremo i versetti che riguardano questo argomento, prima citandoli e suddividendoli in base alle loro differenze.
2. Rifletteremo sui termini utilizzati nei versetti per vedere quale possa essere il loro significato e da quest’ultimo a quali conclusioni possiamo giungere.
3. Dopo aver analizzato i versetti e il loro significato cercheremo di dare una risposta alla domanda se Adamo (A) ed Eva (A) prima di mangiare il frutto proibito erano consapevoli della turpitudine del palesarsi delle loro pudenda, oppure se lo compresero solo in seguito.
La vicenda che ad Adamo (A) ed Eva (A) si rivelarono le loro pudenda dopo aver mangiato il frutto proibito, non è raccontata solo dalle fonti islamiche, ma si trova anche nel Vecchio Testamento, che è un testo sacro per ebrei e cristiani:
“La donna osservò che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s'accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture”[1].
Anche il Corano, libro sacro per noi musulmani, racconta questa vicenda. I versetti concernenti questo argomento si trovano in vari punti del Corano e alcuni sono ripetuti. Tali versetti possono essere suddivisi in due gruppi conformi ai termini utilizzati in essi, e che ne cambiano quindi anche il significato; entrambi i gruppi si riferiscono al fatto che ad Adamo (A) ed Eva (A) si rivelarono le pudenda dopo aver mangiato il frutto proibito.
Il primo gruppo di versetti sono quelli dove il verbo è utilizzato nella forma attiva: “O Figli di Adamo, non lasciatevi tentare da Satana, come quando fece uscire dal Paradiso i vostri genitori, strappando loro i vestiti per palesare la loro vergogna”[2].
In questo versetto sono presenti varie espressioni metaforiche, in particolare giacché nel versetto precedente la taqwa viene considerata l’abito migliore: “… e l'abito del timor di Allah è il migliore …”[3], alcuni esegeti sostengono che questa espressione dimostra la presenza di un aspetto metaforico nel versetto, e il significato diventa: “O figli di Adamo, sappiate che possedete dei difetti che non può coprire se non l’abito della taqwa, e l’abito della taqwa è quello che vi abbiamo ammantato attraverso la vostra natura intrinseca. Allora siate accorti che Satana non v'inganni e vi tolga quest’abito che Dio vi ha donato, allo stesso modo che lo tolse ai vostri genitori in Paradiso. Abbiamo reso i demoni alleati di coloro che non hanno prestato fede ai Nostri segni e siano essi stessi a seguirli volontariamente”. Da ciò si deduce che quanto Iblis fece ad Adamo ed Eva (A) in Paradiso (strappare l’abito affinché si palesassero le pudenda) è una metafora per dire che l’abito della taqwa viene strappato dal corpo degli esseri umani in seguito al loro essere ingannati da Satana[4].
Fakhr Razi riguardo a questo versetto cita alcuni punti che sono riportati anche nelle esegesi sciite:
1. La frase “strappando loro i vestiti” che attribuisce l’atto dello strappare a Satana, lo sta in realtà attribuendo alla causa, cioè poiché Satana è la causa di ciò, l’azione viene attribuita a lui.
2. La lettera “lam” che precede l’espressione “layuriyahuma” (per palesare loro) ha il significato di “conseguenza” nel senso che la conseguenza di questa loro azione è stata che le loro pudenda si sono palesate. In altre parole, Iddio ha posto quale fine di Satana che le pudenda di Adamo (A) ed Eva (A) si rivelassero e, mangiando il frutto, la conseguenza della loro azione è stata la nudità.
3. Che tipo di abito indossavano prima di mangiare il frutto? Era del tipo degli abiti che indossiamo adesso o di un altro tipo? Egli sostiene che alcuni dicono che quest’abito fosse fatto di luce e altri lo considerano una metafora per la taqwa, altri ancora lo considerano un abito paradisiaco, come si può dedurre dal significato essoterico del versetto[5].
Il secondo gruppo comprende i versetti dove sono stati utilizzati verbi derivanti dalla radice “bada yabdu”: “Ne mangiarono entrambi e presero coscienza della loro nudità. Iniziarono a coprirsi intrecciando foglie del Giardino”[6], e similmente il versetto: “Satana li tentò per rendere palese [la nudità] che era loro nascosta”[7] e altri versetti analoghi in altre sure.
Inizialmente è necessario chiarire il significato dei verbi “badat” e “yabdi” che provengono dalla radice “bada”. Da questa parola si può dedurre che prima di questa vicenda Adamo (A) ed Eva (A) fossero ignoranti della cosa? Oppure non si può desumere ciò, cioè che prima essi ne fossero ignoranti e poi ne vennero a conoscenza? Le esegesi riportano che il significato della parola “bada” è “palesarsi”[8], il cui contrario è “essere celato” e non “essere ignorante”.
La parola “bada” è presente in molti versetti del Corano e ad alcuni di essi possiamo fare riferimento. Uno di questi versetti è il numero ventotto della sura al-An'am: “Sì, verrà reso palese quello che prima nascondevano”[9]; questo versetto riguarda i peccatori: quando verranno posti davanti al Fuoco e desidereranno di tornare in questo mondo per rimediare a quello che hanno perso. In questo caso il significato di “bada” non è “non essere” e poi “essere”, e da esso non può essere dedotta prima l’ignoranza e poi la conoscenza. Lo stesso vale per il versetto preso in considerazione, da quella parola non si può dedurre che Adamo (A) ed Eva (A) fossero prima ignoranti della cosa, giacché questa ignoranza non può essere dimostrata attraverso il Corano e gli hadìth.
Il verbo utilizzato nella frase “che era loro nascosta” significa “porre qualcosa dietro a ciò che la copre”[10]. Un altro termine che si trova in entrambi i versetti e deve essere esaminato è “saw'at”. Nelle esegesi questo vocabolo è stato tradotto “pudenda”[11], con cui si fa riferimento a una parte del corpo e non è stato preso in considerazione il significato più generale di “indecenza” e “difetto”. Pertanto i versetti che dicono che mangiando il frutto proibito, i loro “saw'at” sono diventati palesi, si riferiscono alle loro pudenda e non ai loro difetti, così come è stato congetturato nella domanda.
Ora è necessario analizzare i motivi per cui questa indecenza fosse loro celata. Gli esseri umani possiedono doni che celano a loro certe questioni e indecenze. Quando essi possiedono un bene e ne usufruiscono inconsapevolmente, non si pongono i problemi che li riguarderebbero se non avessero questo bene. Per esempio, quando l’essere umano gode del bene della salute, ne usufruisce senza porsi problemi e compie tutte le azioni che deve, senza preoccuparsi di ammalarsi. Quando invece non possiede più questo bene, gli diventano palesi degli aspetti negativi che il dono della salute celava. Ciò tuttavia non significa che egli prima non fosse a conoscenza di questi aspetti negativi, al contrario, li conosceva, solo che erano celati dal dono della salute e, perdendo quest’ultima, si sono palesati.
Anche la storia di Adamo (A) ed Eva (A) è così, cioè essi, possedendo il dono di un abito di luce o un abito di taqwa, o altro, non prestavano attenzione all’indecenza delle loro pudenda; quando questo dono è stato loro tolto, se ne sono resi conti ed essa è diventata palese per loro.
La loro conoscenza è dimostrata dal fatto che, dopo aver perso questo dono ed essersi resi conto dell’indecenza del palesarsi delle pudenda, essi cercarono di coprirsi con delle foglie d’albero: “Ne mangiarono entrambi e presero coscienza della loro nudità. Iniziarono a coprirsi intrecciando foglie del giardino”[12], da questa frase si può dedurre che questo dono era loro celato e non già che lo ignorassero; infatti appena il dono gli è stato tolto, se ne sono resi conto e hanno cercato di coprire le proprie pudenda. Inoltre se prima dell’azione vi fosse stata ignoranza, dovrebbe essere stato utilizzato un composto del verbo “'alama” (sapere) che è il contrario di “ignorare”, dimostrando così che prima di mangiare il frutto, essi erano ignoranti del fatto e ne sono venuti a conoscenza in seguito. Un’altra prova che dimostra che essi erano consapevoli dell’indecenza del palesarsi delle pudenda è che appena è stato loro tolto l’abito, ne hanno cercato un altro e hanno utilizzato le foglie degli alberi del Paradiso per coprirsi.
Per concludere questa disamina è necessario ammettere che dal versetto non si può dedurre che essi fossero ignoranti di questa indecenza, ma, come insistono le esegesi, che questa fosse loro celata. Apparentemente anche il significato di “essere celato”, utilizzato nel versetto, è più consono alla conoscenza, cioè essi erano consapevoli della questione, ma non essendone soggetti, l’indecenza era loro celata.
[1] Sacra Bibbia, Genesi 3:6-7 (Nuova riveduta).
"یَابَنىِ ءَادَمَ لَا یَفْتِنَنَّکُمُ الشَّیْطَانُ کَمَا أَخْرَجَ أَبَوَیْکُم مِّنَ الْجَنَّةِ یَنزِعُ عَنهْمَا لِبَاسَهُمَا لِیرُیَهُمَا سَوْءَاتهِمَا".
Sacro Corano 7:27.
[4] Mohammad Hosseyn Tabatabai, Tafsir al-Mizan, trad. di Seyyed Mohammad Baqer Musavi Hamedani, vol. 8, pag 87, Daftar-e entesharat-e eslami, Qom, 1995.
[5] Abu 'Abdillah Fakhr al-Din Razi, Mafatih al-Ghayb, vol. 14, pag 223, Dar ihya' al-turath al-'arabi, Beirut, 1420 AH.
"فَأَکَلَا مِنهْا فَبَدَتْ لهَمَا سَوْءَاتُهُمَا وَ طَفِقَا یخَصِفَانِ عَلَیهْمَا مِن وَرَقِ الجْنَّة".
Sacro Corano 20:121.
"فَوَسْوَسَ لَهُمَا الشَّیطانُ لِیبْدِی لَهُما ما وُورِی عَنْهُما مِنْ سَوْآتِهِما".
Sacro Corano 7:20.
[8] Sayyid Alì Akbar Qurashi, Tafsir Ahsan al-Hadith, vol. 6, pag. 45, Bonyad-e Be'that, Teheran, 1998; Seyyed Mohammad Hosseyni Shirazi, Tabyyin al-Qur'an, pag. 332, Dar al-'ulum, Beirut, 1423 AH.
[10] Fadhl ibn Hasan Tabarsi, Tafsir Jawami' al-Jami', tr. di un gruppo di traduttori, vol. 2, pag. 303, Bonyad-e pajuheshha-ye eslami Astan-e Qods-e Razavi, seconda ristampa, Mashhad, 1998.
[11] Molla Mohsen Feyz Kashani, Tafsir al-Safi, ricerca di Hosseyn A'lami, vol. 2, pag. 186, Entesharat-e al-sadr, seconda ristampa, Teheran, 1415 AH.
"فَأَکَلَا مِنهْا فَبَدَتْ لهَمَا سَوْءَاتُهُمَا وَ طَفِقَا یخَصِفَانِ عَلَیهْمَا مِن وَرَقِ الجْنَّةِ".
Sacro Corano 20:121.