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Data aggiornamento: 2012/07/24
Domanda concisa
Perché nel secondo versetto della sura Muhammad, “Coloro che credono e compiono azioni probe e credono in quel che è stato rivelato a Muhammad …”, viene specificato il nome del Profeta (S)? E perché negli altri versetti non è stato precisato?
Domanda
Perché nel secondo versetto della sura Muhammad, “Coloro che credono e compiono azioni probe e credono in quel che è stato rivelato a Muhammad, che è verità proveniente dal loro Signore, Iddio perdona i loro peccati e rettifica il loro spirito”, non è stato detto come negli altri versetti (“in quel che ha rivelato al Suo inviato”) bensì è stato specificato il nome del Profeta (S)?
Risposta concisa

Il motivo per cui, nel versetto oggetto della domanda, viene specificato il nome di Muhammad (S), risiede nell’importanza che questa parte del versetto riveste, e Iddio, citando il nome del Profeta (S), ha voluto rendere omaggio e riverenza a quel Nobile (A). Alcuni esegeti considerano la seconda frase un concetto dettagliato che specifica una nozione generale. La seconda frase conferma gli insegnamenti del Profeta Muhammad (S), ossia la fede in Dio non è completa se non è accompagnata dalla fede in ciò che è stato rivelato al Profeta (S). Alcuni sostengono che il nome del Profeta è stato citato di modo che la Gente del Libro non dicesse che essa ha avuto fede solamente in Dio, nei propri profeti e libri celesti (N.d.T: e allo stesso tempo ignorare l’ultimo Profeta - S).

Risposta dettagliata

Per capire il motivo per cui è stato specificato il nome del Profeta (S) dobbiamo innanzitutto comprendere il fine di questa parte del versetto:

"آمَنُوا بِما نُزِّلَ عَلى‏ مُحَمَّدٍ"

… credono in quel che è stato rivelato a Muhammad …”, e poi otterremo la ragione per cui è stato citato il suo nome.

Iddio nel secondo versetto della sura Muhammad spiega una norma che può essere considerata una misericordia, poiché Iddio cancellerà i peccati di alcune persone grazie al Suo perdono e rettificherà altresì i loro cuori[1]. In merito a chi otterrà questa grazia, due sono le frasi riportate all’inizio del versetto:

  1. Coloro che credono e compiono azioni probe

" وَ الَّذِینَ آمَنُوا وَ عَمِلُوا الصَّالِحاتِ"

  1. credono in quel che è stato rivelato a Muhammad …

"آمَنُوا بِما نُزِّلَ عَلى‏ مُحَمَّدٍ"

Riguardo al rapporto di ognuna di queste due parti del versetto con l’altra e al significato, tra gli esegeti, esistono varie opinioni.

A prima vista sembra che la prima frase faccia riferimento a casi più generali che comprendono anche quello della seconda frase. Perciò la seconda frase accentua solo alcuni esempi di “coloro che credono”. Tuttavia quest'affermazione non è condivisa da tutti gli esegeti ed essi hanno delle opinioni al riguardo che sono utili alla comprensione della seconda parte; ne citeremo alcune:

  1. Alcuni esegeti considerano la seconda frase una citazione dettagliata di quella  generale che la precede. La seconda frase conferma gli insegnamenti del profeta Muhammad (S). In altre parole la fede in Dio non sarà mai completa se non è accompagnata dalla fede in ciò che è stato rivelato al nobile Profeta (S)[2].
  2. Alcuni esegeti considerano la seconda parte una restrizione che limita la prima parte e intende comunicare che la grazia riportata alla fine del versetto riguarda questo gruppo e la seconda parte non può essere considerata solamente un’enfasi della prima frase[3].
  3. Un gruppo è totalmente contrario alla seconda opinione e afferma che la seconda parte del versetto non solo non è specifica, bensì più generale del primo significato. Con “Coloro che credono” s’intende la fede in Dio, il Profeta (S) e la Resurrezione, mentre con “credono in quel che è stato rivelato a Muhammad …” s’intende la fede in tutto ciò che è stato rivelato all’Inviato di Dio (S), e questa è una generalizzazione di ciò che è stato riportato in principio che aumenta i destinatari della regola riportata successivamente[4].
  4. La prima frase si riferisce alla fede in Dio ed è un aspetto del credo, mentre la seconda frase si riferisce alla fede nel contenuto dell’Islam e degli insegnamenti del Profeta (S) ed ha un aspetto pratico. In altre parole, la fede in Dio da sola non è sufficiente, bensì bisogna credere in ciò che Iddio ha rivelato al Profeta (S), nel Corano, nel jihad, nella preghiera, nel digiuno e nei valori etici che gli sono stati rivelati[5], affinché Iddio perdoni i peccati di un individuo e rettifichi il suo cuore. In questo caso ognuna delle due parti del versetto ha un significato diverso e non dettagliato o generalizzato l’uno rispetto all’altro.
  5. Altri ancora affermano che questa ripetizione è motivata dai differenti destinatari di questo versetto, ovverossia la prima parte riguarderebbe Abuzar, Salman, 'Ammar e Miqdad, mentre la seconda sarebbe stata rivelata riguardo all’Imam Alì (A); questa differenza nei destinatari è la causa della presenza di queste due espressioni nel versetto[6].

In base a tutte queste possibilità si può dedurre l’importanza della seconda parte. Perciò il riferimento al nome del nobile Muhammad (S) in questo versetto è dovuto all’importanza che questa parte ha nel versetto e Iddio, citando il nome del Profeta (S), ha voluto rendere omaggio e riverenza a quel Nobile (S). Gli esegeti hanno espresso anche questa motivazione: “Il motivo per cui [Iddio] ha citato separatamente il nobile Muhammad (S) ed ha fatto riferimento particolare alla fede in lui, è quello di omaggiarlo e onorarlo”[7]. Oltre a questo motivo gli esegeti hanno espresso anche altre opinioni degne d’attenzione: “Ha citato il nome del Profeta (S) di modo che la Gente del Libro non dicesse: «Noi abbiamo prestato fede solamente in Dio, nei nostri profeti e libri celesti»”[8].

 


[1] “… Iddio perdona i loro peccati e rettifica il loro spirito”. (Sacro Corano 47:2)

"کَفَّرَ عَنهمْ سَیِّاتهِمْ وَ أَصْلَحَ بَالهمْ."

[2] Naser Makarem Shirazi, Tafsir-e Nemuneh, vol. 21, pag. 394, Dar al-kutub al-islamiyyah, Teheran, 1995.

[3] Seyyed Mohammad Hoseyn Tabatabai, Al-Mizan fi Tafsir al-Qur'an, vol. 18, pag. 223, Jame'e-ye modarresin-e houze-ye 'elmye-ye Qom, Qom, 1417 AH.

[4] Abu 'Abdullah Muhammad ibn 'Umar Fakhr al-din Razi, Mafatih al-Ghayb, vol. 28, pag. 35, Dar ihya' al-turath al-'arabi, Beirut, 1420 AH.

[5] Naser Makarem Shirazi, Tafsir-e Nemuneh, vol. 21, pag. 394, Dar al-kutub al-islamiyyah, Teheran, 1995.

[6] Sayyid Hashim Bahrani, Al-Burhan fi Tafsir al-Qur'an, vol. 5, pag. 56, Bonyad-e Be'that, Teheran, 1416 AH.

[7] Fadhl ibn Hasan Tabarsi, Majma' al-Bayan fi Tafsir al-Qur'an, vol. 9, pag. 147, Entesharat-e Naser Khosro, Teheran, 1993.

[8] Ibidem.

 

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