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- compartecipazione
Giacché le fonti di entrambi i gruppi di hadìth sono state approvate dai sapienti, essi hanno proposto alcune soluzioni per non escludere nessuno dei due:
I proprietari dei beni, in passato, dividevano questi in parti: alcuni li dividevano in dieci parti, altri in sette. Il testamento di un uomo viene pertanto eseguito secondo la sua abitudine nel dividere i beni. Un'opzione più accettata è quella di agire secondo il primo gruppo di hadìth, poiché il principio è quello di mantenere la proprietà per l'erede cui spetta una quota legittima; in altre parole il principio è quello di prevenire perdite all'erede legittimo. Queste perdite avvengono quando si agisce secondo gli hadìth che interpretano "una parte" come "un settimo". L'opinione degli hadìth del primo gruppo la consideriamo obbligatoria e quella del secondo gruppo, meritoria; cioè "una parte" corrisponde a "un decimo" e ciò viene considerato obbligatorio, però per gli eredi è meritorio, per via del numero degli hadìth, utilizzare "un settimo" dei beni come disposto nel testamento.Se il dubbio è dovuto alla superficialità delle parole, per esempio qualcuno ha disposto un lascito con le parole "una parte (juz') dei beni" del proprio patrimonio sia utilizzata per beneficenza, e dal contesto non si evinca il volere del testatore, la regola vuole che questo testamento sia considerato nullo. Bisognerà pertanto consultare le regole giuridiche riguardanti il testamento, poiché il significato di quella frase non può essere compreso secondo il costume e il normale parlare della gente.
Considerando tuttavia che a tale proposito, alcune prove shariatiche e hadìth attendibili hanno interpretato alcuni termini incerti, diventa obbligatorio consultarli per pura obbedienza[1]. Nel caso sia stato redatto un testamento come quello oggetto della domanda, riguardo alla quantità di beni del testatore che la persona, per cui sono stati disposti, riceve, esistono due gruppi di hadìth.
Primo gruppo: secondo alcuni hadìth, una "parte" (juz') è stata interpretata come un decimo, cioè un decimo dei beni dev'essere dato a chi eredita la quota disponibile nel testamento.
Fu chiesto all'imam Sadiq (A) rispetto a un uomo che aveva dato disposizioni per una parte dei propri beni nel testamento; egli rispose: "Il suo significato è un decimo". Molti sapienti basandosi su tali hadìth nella disposizione testamentaria di una "parte" dei beni, considerano obbligatorio un decimo[2].
Secondo gruppo: dalla parte opposta vi sono degli hadìth che interpretano una "parte" nel testamento come un settimo. Tra di essi:
Muhammad ibn Alì ibn Mahbub narra da parte di Ahmad ibn Muhammad ibn Abi Nasr Bazanti che quest'ultimo chiese all'imam Kazim (A) delucidazioni in merito a un uomo che aveva liberamente disposto una parte dei propri beni lasciati in eredità. L'Imam rispose che il significato era un settimo perché Allah dice: "[l'Inferno] ha sette porte, e una parte di essi [coloro che andranno all'Inferno] è stata divisa per ognuna di esse"[3] [4]; quindi la gente dell'Inferno deve essere costituita da sette gruppi affinché come dice il nobile versetto ogni gruppo sia definito "una parte".
Alcuni, basandosi su questo tipo di hadìth, se nel testamento si fa riferimento a "una parte", considerano obbligatorio un settimo[5].
Considerando che le fonti di entrambi i gruppi di hadìth sono state approvate dai sapienti, in un primo momento si ha l'impressione che questi due gruppi si contraddicano. I giurisperiti hanno tuttavia proposto alcune soluzioni, per non escludere nessuno dei due, che riportiamo di seguito:
I proprietari dei beni, in passato, suddividevano questi in parti, alcuni li dividevano in dieci parti, altri in sette. Le volontà testamentarie di un uomo saranno dunque eseguite secondo la sua abitudine nel dividere i beni.[6] Un'opzione più accettata è quella di agire secondo il primo gruppo di hadìth, poiché il principio è quello di mantenere la proprietà per l'erede a cui spetta la quota legittima; in altre parole il principio è quello di prevenire perdite all'erede legittimo. Queste perdite avvengono quando si agisce secondo gli hadìth che interpretano "una parte" come "un settimo".[7] L'opinione degli hadìth del primo gruppo la consideriamo obbligatoria e quella del secondo gruppo, meritoria; cioè "una parte" corrisponde a "un decimo" e ciò viene considerato obbligatorio, però per gli eredi è meritorio, per via del numero degli hadìth, utilizzare "un settimo" dei beni come disposto nel testamento[8].In ogni caso bisogna considerare che se il defunto ha liberamente disposto di una quantità superiore a un terzo dei propri beni nel testamento, quest'ultimo è valido solamente nel caso che gli eredi accettino tale disposizione[9].
Degna di nota è la risposta dell'ayatollah Mahdi Hadavi Tehrani alla domanda in questione:
"Nel testamento il defunto può disporre liberamente fino a un terzo dei propri beni, senza aver bisogno del permesso degli eredi; per stabilire la quantità è sufficiente basarsi su quella certa, anche se è precauzione meritoria utilizzare il massimo della quantità ipotizzabile per il volere del testamento".
[1] Seyyed Hasan Musavi Bojnurdi, Al-Qawa'id al-Fiqhiyyah, vol. 6, pag. 291, Nashr al-Hadi, Qom-Iran, prima stampa, 1419 AH.
[2] Mohammad Taqi Shushtari, Al-Naj'at fi Sharh al-Lum'ah, vol. 8, pag. 230, Ketabforushi-e Saduq, Teheran, prima stampa, 1406 AH.
[3] Sacro Corano, 15:44.
[4] Abu Ja'far Muhammad ibn Hasan Tusi, Tahzib al-Ahkam, vol. 9, pag. 209, hadìth 828, Dar al-kutub al-islamiyyah, Teheran-Iran, quarta ristampa, 1407 AH.
[5] Mohammad Taqi Shushtari, Al-Naj'at fi Sharh al-Lum'ah, vol. 8, pag. 233, Ketabforushi-e Saduq, Teheran, prima stampa, 1406 AH.
[6] Muhammad ibn Alì ibn Babavayh Qumi Saduq, traduttore Alì Akbar Ghaffari, Man la Yahdhuruh al-Faqih, vol. 6, pag. 50, Saduq, Teheran, prima stampa, 1409 AH.
[7] Miqdad ibn Abdullah Hilli, traduttore Abdul-Rahim 'Aqiqi Bakhshayeshi, Kanz al-'Irfan fi Fiqh al-Qur'an, vol. 2, pag. 585, Qom-Iran, prima stampa; Seyyed Mohammad Hoseyn 'Amili, Al-Zubdah al-Fiqhiyyah fi Sharh al-Rawdhat al-Bahiyyah, vol. 6, pag. 38, Dar al-fiqh lil-tiba'at wa al-nashr, Qom-Iran, quarta ristampa, 1427 AH.
[8] Mohammad Taqi Shushtari, Al-Naj'at fi Sharh al-Lum'ah, vol. 8, pag. 233, Ketabforushi-e Saduq, Teheran-Iran, prima stampa, 1406 AH.
[9] Seyyed Ruhallah Musavi Khomeini, Tawdhih al-Masa'il (Imam Khomeini), pag. 578, questione 2589, prima stampa, 1426 AH.