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Le scienze dell’Islam e la giurisprudenza islamica, dopo gli avvenimenti dell’era protoislamica e la questione della successione e del califfato dopo il Profeta (S), si sono suddivise in due rami: una giurisprudenza ottenuta dopo il Profeta (S) dalla sua Famiglia (A), e una giurisprudenza le cui fatwa venivano rilasciate dopo il Profeta (S) dai suoi compagni e dai compagni di quest’ultimi, i cui seguaci sono noti come sunniti.
Con l’aumento dell’utilizzo della giurisprudenza, per via delle questioni giuridiche dopo le conquiste islamiche e l’introduzione di nuove questioni, nonché l’analisi scientifica più accurata nel campo giurisprudenziale, cioè dall’inizio del II secolo AH fino agli albori del IV secolo AH, durante il quale la giurisprudenza sunnita raggiunse il suo apice, vennero a formarsi le quattro scuole sunnite. L’ijtihad assoluto (in tutta la giurisprudenza senza tener conto di nessuna scuola in particolare) fino all’anno 665 AH, era universalmente diffuso tra i giurisperiti sunniti, però per alcuni motivi, eccetto quattro scuole, tutte le altre furono trascurate e persero la loro ufficialità. Pertanto tutti i ruoli ufficiali come il giudice, l’imam della preghiera e l’emanazione di fatwa caddero nelle mani di coloro che seguivano una delle quattro note scuole. In questi ultimi anni, tra i sunniti, si sono levate delle voci che richiedono la ripresa dell’ijtihad assoluto. Essi, dopo l’ijtihad di una scuola, si sono inclinati verso l’ijtihad comprendente tutte e quattro le scuole, e oggi, considerando i cambiamenti improvvisi e molteplici della vita umana, richiedono l’ijtihad assoluto.
La spiegazione delle regole ebbe inizio al tempo della profezia di Muhammad (S) e continuò durante la sua vita. Dal punto di vista sciita, la spiegazione della prassi del Profeta (S), delle regole e delle questioni giuridiche e non, era una responsabilità che apparteneva alla sua Famiglia (A). Nella visione sunnita, invece, la responsabilità di guidare la gente nelle questioni religiose spettava ai suoi compagni.
La spiegazione delle regole e fondamentalmente i dettagli giuridici e l’interpretazione della prassi del Profeta (S) fino all’anno 40 AH, erano doveri dei suoi compagni[1]. Dopo tale anno alcuni compagni erano ancora vivi, ma non costituivano più la maggioranza dei giurisperiti. Successivamente, questo compito fu ereditato dai compagni dei compagni, e continuò così fino alla fine del primo secolo AH e gli albori del secondo[2].
L’era in cui nacquero le scuole giuridiche sunnite
La giurisprudenza sunnita, dopo aver rifiutato l’imamato e la guida della Gente della Casa (A), prese una strada diversa. Nelle questioni giuridiche si rivolse prima ai compagni e successivamente ai compagni di secondo grado (tabi'yin).
Con l’aumento della pratica della giurisprudenza, per via delle questioni giuridiche dopo le conquiste islamiche e l’introduzione di nuove questioni, nonché l’analisi scientifica più accurata nel campo giurisprudenziale, cioè dall’inizio del II secolo AH fino agli albori del quarto secolo AH, durante il quale la giurisprudenza sunnita raggiunse il proprio apice, vennero a formarsi le quattro scuole sunnite.
La formazione delle varie scuole giuridiche tra i sunniti, è stata una reazione naturale alla moltitudine di questioni giuridiche e al bisogno della società islamica, dei musulmani e dei neo-musulmani di regole islamiche. Tuttavia, nello sviluppo di queste scuole, non si possono trascurare certe cospirazioni politiche finalizzate all’esclusione della giurisprudenza della Gente della Casa (A); poiché considerando l’allontanamento dei governi dell’epoca dalla giurisprudenza sciita, essi si sforzarono di riempire questo vuoto, sebbene solo in apparenza, attraverso alcuni giurisperiti.
È degno di nota che in principio queste scuole giurisprudenziali non erano limitate a quattro, bensì molti tra i sapienti sunniti possedevano una scuola e avevano le proprie opinioni. Ognuno, in base alle condizioni geografiche, aveva dei fautori, per esempio si può citare la scuola di Hasan Basri (21-110 AH), Awza'i (88-157 AH), Dawud ibn Alì Esfahani (202-270 AH), nota come la scuola zahiri, e Muhammad ibn Jarir Tabari (224-310 AH)[3].
Ad ogni modo, a causa di alcune questioni, queste scuole furono infine ristrette a quattro.
Il motivo della riduzione delle scuole sunnite a quattro
A cagione dei molti conflitti giurisprudenziali tra le numerose scuole sunnite, si era formato un consenso generale tra la gente per limitare il numero di queste scuole. Naturalmente non bisogna trascurare il ruolo del governo nello stabilire le quattro scuole. La gente non aveva la facoltà di limitare le scuole ad un numero determinato, bensì era il governo che stabiliva questa esclusività e a volte preferiva una scuola ad un’altra. Inoltre, quando i seguaci di una scuola arrivavano alla posizione di giudice o all’emissione di una fatwa, espandevano la scuola desiderata e cercavano di renderla pubblica. Per esempio la scuola hanafita, grazie al potere e ai mezzi dei suoi seguaci, ha avuto la maggior espansione tra i sunniti; Abu Yusuf, il capo dei giudici del governo abbaside, che era da loro rispettato, diffuse questa scuola e in realtà, coloro che erano legati alla scuola hanafita, ottenevano la mansione di giudice[4].
Gli imam delle scuole sunnite sono in ordine cronologico:
- Nu'man ibn Thabit abu Hanifah (m. 150 AH)
- Malik ibn Anas (m. 179 AH)
- Muhammad ibn Idris Shafi'i ( 204 AH)
- Ahmad ibn Hanbal (240 AH)
Il motivo e la modalità dell’interruzione dell’ijtihad tra i sunniti
Fondamentalmente l’ijtihad è fonte di vita per l’Islam e vivifica le sue regole. Grazie all’ijtihad i musulmani hanno reso la società islamica libera da leggi non islamiche per quattordici secoli. L’ijtihad assoluto, fino al 665 AH, era universalmente diffuso tra i giurisperiti sunniti, però per alcuni motivi, eccetto quattro scuole, tutte le altre furono trascurate e persero la loro ufficialità. Tutti i ruoli ufficiali come il giudice, l’imam della preghiera del venerdì e l’emanazione di fatwa caddero nelle mani di coloro che seguivano una delle quattro note scuole[5].
Le motivazioni per cui i sunniti voltarono le spalle all’ijtihad assoluto, possono essere sintetizzate nei seguenti punti[6]:
- Fanatismo verso la propria scuola: i fautori di ogni scuola erano fanatici delle opere e delle opinioni della propria guida e non accettavano alcuna opposizione. Un sapiente sciita al riguardo dice: “Uno dei motivi che causò l’interruzione dell’ijtihad presso i sunniti (questo stesso fattore era prossimo a interrompere anche l’evoluzione della giurisprudenza sciita), era la grandezza attribuita a un sapiente. Questo fattore, dopo l’epoca dei capi delle quattro scuole giurisprudenziali sunnite, ovvero Ahmad ibn Hanbal, Muhammad ibn Idris Shafi'i, Abu Hanifah e Malik ibn Anas, influenzò notevolmente la società sunnita e i loro centri scientifici e, a causa del legame esagerato che si formò verso la loro pratica giurisprudenziale, venne tolta la possibilità di contraddire le loro opinioni e di praticare l’ijtihad”[7].
- Formazione di problemi nella questione giudiziale: a volte le sentenze emanate dai vari tribunali, erano assai contraddittorie tra di loro, infatti, se un giudice era mujtahid, rilasciava una fatwa basata sul proprio ijtihad. Questa questione fu duramente criticata da parte della gente, poiché vedeva che in ogni tribunale, per ogni argomento particolare, venivano emanate sentenze diverse. Quindi il governo incaricò i giudici di rilasciare fatwa in base ad una delle quattro scuole, di modo tale che le leggi fossero approvate dalla gente e si evitassero scontri.
- Cause politiche: al riguardo è stato detto che: “Sembra che il governo di quel tempo avesse timore del progresso dei sapienti e dei centri scientifici, poiché erano i sapienti e i mujtahid, che con la loro indipendenza mentale e la capacità di adattamento del loro ijtihad, difendevano l’Islam e prevenivano le riforme corrotte e i deviamenti dei governatori oppressori. Mantenevano in vita l’Islam, lo diffondevano e lo mettevano in pratica tra la gente: ciò non era compatibile con gli obiettivi malvagi dei governatori oppressori”[8].
L’ijtihad vincolato, entro certi limiti, era tuttavia presente tra i sunniti. Questo tipo d’ijtihad permette al mujtahid di dedurre ed esprimere norme nei limiti di una particolare scuola giurisprudenziale e in base ai principi di quest’ultima. L’ijtihad assoluto, invece, dopo il consolidamento delle quattro scuole sunnite, fu interrotto.
La tendenza del sunnismo verso l’ijtihad assoluto
In questi anni si sono sentite voci levarsi tra i sunniti[9], secondo le quali si stanno riaprendo le porte dell’ijtihad assoluto. Essi, dopo l’ijtihad all’interno di una scuola (cioè un giurisperito ha solamente il diritto di praticare l’ijtihad in base ai principi giurisprudenziali di una scuola, per esempio hanafita), s'inclinarono verso l’ijtihad tra le quattro scuole (cioè il campo d’ijtihad di un giurisperito si è espanso da una scuola particolare a tutte e quattro le scuole, e quindi ha il diritto di praticare l’ijtihad in base ai principi di queste quattro scuole) e oggi, considerando i cambiamenti improvvisi e molteplici della vita umana, essi desiderano praticare l’ijtihad assoluto.
Ai giorni nostri gli eruditi sunniti si chiedono: “Perché la gente deve seguire persone che hanno vissuto centinaia di anni or sono e non avevano alcuna informazione delle questioni odierne?”.
Inoltre domandano: “Se il taqlid (imitazione pedissequa) è necessario e obbligatorio, anche gli imam delle quattro scuole sunnite praticavano il taqlid? Essi chi seguivano?”.
Questo pensiero adesso ha trovato molti fautori tra gli intellettuali sunniti ed è una strada per aprire le porte dell’ijtihad al sunnismo.
[1] Ja'far Sobhani, Tawrikh al-Fiqh al-Islamiyy wa Adwarih, pag. 14, Mo'assese-ye emam Sadeq (A), Qom, 1427 AH.
[2] Ibidem.
[3] Ivi, pag. 64.
[4] Sayyid Muhammad Kathiri, Al-Salafiyyah bayna Ahl al-Sunnah wa al-Imamiyyah, pag. 107, Nashr al-Ghadir, Beirut, 1418 AH.
[5] Ja'far Sobhani, Rahnama-ye Haqiqat, pag. 577, Nashr mash'ar, Teheran, 2008.
[6] Con l’utilizzo del libro “Tawrikh al-Fiqh al-Islamiyy wa Adwarih”, capitolo “Asbab ghalq bab al-ijtihad”.
[7] Alì Asghar Resvani, Shi'eshenasi va Pasokh be Shobahat, vol. 2, pag. 615, Nashr mash'ar, Teheran, 2005.
[8] Ibidem.
[9] Alcuni eruditi sunniti come Muhammad Alì Sais e Alì Mansur al-Misri al riguardo hanno scritto molti articoli; cfr.: Ja'far Sobhani, Tawrikh al-Fiqh al-Islamiyy wa Adwarih, pag. 100.