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Data aggiornamento: 2010/07/22
Domanda concisa
Se alcune regole e questioni dell’Islam sono in contrasto o contraddizione con le nostre argomentazioni e noi ci sforziamo di trovare una risposta e una conformità tra di esse, ma non troviamo una soluzione, qual è il nostro dovere?
Domanda
Se alcune regole e questioni dell’Islam sono in contrasto o contraddizione con le nostre argomentazioni e noi ci sforziamo di trovare una risposta e una conformità tra di esse, ma non troviamo una soluzione, qual è il nostro dovere?
Risposta concisa

L’intelletto è la prova (hujjah) interiore degli esseri umani che li guida sul sentiero della perfezione, mentre la religione è la prova esteriore per salvare gli esseri umani dalla corruzione e condurli verso la perfezione e la beatitudine umana. Quindi non è possibile che la prova interna ed esterna siano incompatibili l’una con l’altra. Hujjat significa prova e guida; guida viene detto a colui che conosce la strada e la sua meta. Sicuramente bisogna tenere in considerazione il fatto che queste due prove, interiore ed esteriore, non sono due strade indipendenti che non necessitano l’una dell’altra; infatti, l’essere umano raggiunge l’obiettivo quando c’è la massima coordinazione tra queste due guide.

Quindi qualora non fosse possibile la comparazione tra i principi razionali e le verità religiose: o non sono stati rispettati i preliminari e i criteri logici dei ragionamenti razionali, oppure la nostra comprensione delle questioni religiose non era corretta.

Risposta dettagliata

Non è plausibile che Islam e razionalità siano in contrasto. Certamente, a volte, la collocazione di una questione esterna all’ambito religioso in questo campo, o la carenza delle condizioni e dei preliminari corretti nei ragionamenti razionali, oppure la scelta di un significato specifico per l’intelletto, ci spingono verso questa conclusione d’incompatibilità. Per conoscere i vari aspetti di questo argomento, è necessario prestare attenzione ai seguenti punti:

1.     L’intelletto e la razionalità dal punto di vista della filosofia islamica

La capacità di pensiero è una delle prerogative umane. Il pensiero è un’attività interna sui concetti, che in base alle conoscenze, risolve le questioni sconosciute. La metodologia razionale è basata su un’analogia composta di preliminari puramente razionali; questi preliminari fanno parte delle questioni apodittiche primarie, o in conclusione giungono ad esse, come tutte le analogie dimostrative che vengono utilizzate in filosofia, matematica e molte delle questioni appartenenti alle scienze filosofiche. La differenza tra la metodologia razionale e quella empirica è che nella metodologia razionale ci si basa su proposizioni apodittiche primarie, mentre la base di quella empirica sono preliminari empirici.[1] La filosofia islamica espone le questioni riguardanti l’ontologia, la teologia e l’antropologia utilizzando la metodologia razionale.

2.     La metodologia dei Profeti (a) e quella razionale

In via di principio, tra la metodologia dei Profeti (a) nell’invitare la gente al vero e alla verità e ciò che l’essere umano ottiene tramite l’argomentazione corretta e logica, non c’è differenza. L’unica differenza è che i Profeti (a) invocavano l’aiuto della fonte occulta e ricevevano la rivelazione dalla sorgente. Certamente quegli esseri nobili, nonostante fossero in contatto con il mondo superiore, si distanziavano da esso in modo da parlare alla gente secondo la loro capacità di comprensione; dalla gente pretendevano che utilizzassero questa forza naturale e comune [l’intelletto] e ottenessero dei ragionamenti e delle motivazioni solide e logiche. Quindi i Profeti (a) sono più nobili dell’obbligare la gente ad agire senza discernimento e a seguirli pedissequamente. Il sacro Corano dice: “Dì: ‘Questa è la mia via, io e i miei seguaci con discernimento totale invitiamo tutta la gente verso Dio’.”[2]

Quindi la religione e la razionalità, o sharia e saggezza, che hanno identici fini e metodi, non presentano alcuna differenza. La religione vera invita la gente affinché secondo un motivo razionale si accerti dell’esistenza di un mondo soprannaturale. L’intelletto e la tradizione sono paralleli. Gli stessi testi del libro [Corano] e della sunnah, con una concezione più profonda, sono il punto di vista della saggezza e della filosofia. La filosofia e la religione sono considerate due aspetti di una verità e due simboli di una realtà. L’intelletto è la prova (hujjah) interiore degli esseri umani che li guida sul sentiero della perfezione, mentre la religione è la prova esteriore per salvare gli esseri umani dalla corruzione e condurli verso la perfezione e la beatitudine umana. Come dice l’imam Kazim (A): “Dio ha stabilito due prove per la gente: una prova esteriore e una interiore, la prima sono gli Inviati divini, i Profeti e gli Imam (A), e la seconda gli intelletti.”[3]

Quindi non è possibile che la prova interna ed esterna siano incompatibili l’una con l’altra. Hujjat significa prova e guida; guida viene detto a colui che conosce la strada e la sua meta. Sicuramente bisogna tenere in considerazione il fatto che queste due prove, interiore ed esteriore, non sono due strade indipendenti che non necessitano l’una dell’altra; infatti, l’essere umano raggiunge l’obiettivo quando c’è la massima coordinazione tra queste due guide.

La prova esterna (i Profeti e gli Imam -A-) non è estranea alla razionalità, poiché l’intermediario dell’infallibile è sempre stato l’intelletto e la parola basirat (discernimento) nel versetto 108 della sura Yusuf (Giuseppe, cfr. nota n. 2) chiarisce molto bene questo concetto. Secondo un detto del nobile Profeta dell’Islam (S): “Colui che non possiede intelletto non ha religione.”[4] Anche la prova interna non è indipendente dalla religione, poiché secondo ciò che disse l’imam Husayn (A): “La perfezione dell’intelletto si ottiene seguendo la verità.”[5] E secondo il sacro Corano: “Dio è il vero[6] e la verità proviene da Lui.”[7] Quindi seguendo il vero, l’intelletto raggiunge la perfezione e uno degli ordini di Dio è di seguire la guida esteriore. Il sacro Corano dice: “Ubbidite a Dio, al Profeta di Dio e ai Devoti del Profeta.”[8] Un punto importante è che le nobili verità religiose a volte sono in opposizione all’intelletto parziale e contabile di Cartesio (secondo Cartesio l’intelletto generale non ha significato e quindi non vi accenna nemmeno, mentre la sua attenzione è rivolta all’intelletto contabile e lungimirante), o all’intelletto pragmatico (secondo il pragmatismo la razionalità efficace è quella che può risolvere i nostri problemi empirici), oppure all’intelletto teorico di Kant (secondo Kant l’intelletto teorico è incapace di risolvere le questioni, inoltre le regole razionali, in questo campo, non hanno valore pratico).

È chiaro che il sacrificio, il martirio, il donare, la fede nell’occulto e altre mille verità basilari dell’Islam non possono essere analizzate e spiegate con l’intelletto parziale e contabile. Però nessuna delle pure verità religiose è in contrasto e nega la razionalità filosofica.

In conclusione chiarendo l’armonia che vige tra intelletto e religione, e la falsità della teoria che mette in contrasto e contraddizione l’Islam con i ragionamenti razionali, poiché i loro fini e metodi sono identici, qualora non fosse possibile la comparazione tra i principi razionali e le verità religiose: o non sono stati rispettati i preliminari e i criteri logici dei ragionamenti razionali, oppure la nostra comprensione delle questioni religiose non era corretta.

Alcuni punti importanti:

a.     Poiché l’argomentazione razionale è una prova di Dio, chiunque si avvicini razionalmente ai testi, sia quelli delle tradizioni che quelli con la dimostrazione razionale , otterrà e usufruirà delle sacre scienze. 

La dimostrazione razionale allo stesso modo dei testi attendibili delle tradizioni, è una delle rivelazioni divine che si manifesta nel pensiero umano. Quindi se qualcuno razionalmente si avvicina ai sacri testi e ricava qualcosa da essi, ad esempio il significato di un versetto tramite un altro versetto o attraverso un hadìth, nessuno di questi risultati sarà diverso dai testi delle tradizioni.

Certo, se qualcuno vuole comprendere i sacri testi attraverso un’induzione incompleta, una similitudine o sofisticando, l’umanità contaminerà il sacro contenuto religioso.

b.    Se qualcuno chiedesse: Si può difendere razionalmente qualsiasi questione generale e particolare della religione?

La risposta è questa: L’intelletto è necessario per conoscere la religione ma non è sufficiente. Quindi le questioni particolari della religione non possono essere comprese con l’intelletto, poiché le questioni particolari non rientrano nel campo della dimostrazione razionale, siano esse questioni particolari della natura o della sharia. In altre parole le questioni particolari empiriche, concrete, reali e convenzionali non sono alla portata della dimostrazione razionale e ciò che non è alla portata dell’intelletto non ha una spiegazione razionale. Però nelle questioni generali della natura e della sharia la spiegazione razionale è possibile. Inoltre bisogna sapere che poiché l’intelletto è incapace in molte questioni, necessita della rivelazione. La logica dell’intelletto è questa: Io capisco che non capisco molte cose e ho bisogno della rivelazione.
In base alla teoria generale della profezia, l’intelletto dice: Io possiedo un importante obiettivo e sono eterno, inoltre so che per raggiungere quell’obiettivo comune, esiste una via che è lunga, e questa via non può essere intrapresa senza una guida che in realtà è il Profeta (S).

Inoltre bisogna ascoltare le indicazioni della guida sia nelle questioni generali che in quelle particolari e metterle in pratica. Per questo motivo non bisogna chiedere: Perché la preghiera mattutina è composta di due raka'h e quella del mezzogiorno da quattro? Perché bisogna recitare la preghiera della sera ad alta voce e quella del mezzogiorno a bassa voce? Perché un mese è permesso e un mese proibito?

Inoltre poiché molte questioni particolari non possono essere comprese dall’intelletto, si dice: Io ho bisogno del profeta poiché l’intelletto non è in grado di intromettersi nelle questioni specifiche, e se gli viene imposto questo compito, la sua capacità di adempierlo non si può dimostrare e quindi non si può condurlo alla meta.[9]

Per approfondire l’argomento cfr.:

a.     Indice: L’intelletto contabile, il cuore, la fede e l’amore, domanda n. 937.

b.    Tabatabai, seyyed Mohammad Hosseyn, 'Alì va falsafe-ye elahi.

c.     Tabatabai, seyyed Mohammad Hosseyn, Tafakkor dar Qor'an.

d.    Javadi Amoli, Abdollah, Hekmat-e nazari va 'amali dar Nahj al-Balaghah.

e.     Javadi Amali, Abdollah, Shahri'at dar aine-ye ma'refat, pp. 199-224.

f.     Hodavi Tehrani, Mahdi, Bavar-ha va porsesh-ha, pp. 51-58.

g.    Hodavi Tehrani, Mahdi, Mabani-e Kalami-e ejtehad, pp. 280-284.

h.     Rivista Porseman, n. 12, mese di Mordad 1381, gli articoli: Eslam va 'aql, hamsuy ya tazad, Rezanya, Hamid Reza.


[1] Mesbah Yazdi, Mohammad Taqi, Amuzesh-e falsafe, vol. 1, pag. 101.

[2] Sacro Corano, 12:108.

[3] Cfr. Muntakhab Mizan al-Hikmah, Rey Shahri, Mohammad, p. 358, hadìth n. 4387.

[4] Cfr. Muntakhab Mizan al-Hikmah, p. 357, hadìth n. 4363.

[5] Cfr. Muntakhab Mizan al-Hikmah, p. 359, hadìth n. 4407.

[6] Sacro Corano, 31:30.

[7] Sacro Corano, 3:60.

[8] Sacro Corano, 4:59.

[9] Javadi Amoli, Abdollah, Dinshenasi (Selsele-ye bahsha-ye falsafe-ye din), pp. 127-174.

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