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Il timore è di due tipi: lodevole e biasimevole. Con il secondo s’intende per esempio la paura del destino, della gente e delle creature, ecc., che per i Devoti di Dio non ha senso. Per questo l’imam Sadiq (A) disse: “Il credente non teme nessuno se non Iddio” e secondo il sacro Corano: “In verità Satana cerca di spaventarvi con i suoi alleati. Non abbiate paura di loro, ma temete Me se siete credenti”.
Invece la paura lodevole e pregevole è il timore della magnificenza divina, riguardo cui il nobile Profeta (S) disse: “Chiunque conosca meglio Iddio, ne ha più timore”.
Il timore lodevole è quello degli individui speciali ed eminenti che è il risultato della contemplazione della magnificenza divina e della manifestazione dei Nomi nel cuore. Questo timore è un piacere spirituale che non contraddice il versetto: “In verità, quanto agli intimi, non avranno nulla da temere e non saranno afflitti”; in realtà è una caratteristica della perfezione. È per questo che rivolgendoci all’imam Mahdi (Aj) recitiamo: “Pace a te, o puro e timorato (della magnificenza divina)!”.
Il timore è di due tipi: lodevole e biasimevole.
Il secondo, che non ha senso per i Devoti di Dio, è la paura del destino, della gente, del nemico e delle creature. Abuzar tramandò che il nobile Profeta (S) gli raccomandò di non temere il biasimo di nessun biasimatore sulla via di Dio[1]. Inoltre l’imam Sadiq (A) disse: “Il credente non teme nessuno se non Iddio”[2], e secondo il sacro Corano: “In verità Satana cerca di spaventarvi con i suoi alleati. Non abbiate paura di loro, ma temete Me se siete credenti”[3].
Invece la paura lodevole e pregevole è il timore della magnificenza divina, a tal proposito l’imam Alì (A) disse: “Il timore è l’abito degli 'arif (gli gnostici)”[4], e il nobile Profeta (S) dichiarò: “Chiunque conosca meglio Iddio, ne ha più timore”[5] ed è per questo che egli affermò: “Il mio timore di Dio è più grande di quello di tutti voi”[6]. Il frutto di questo timore è che l’essere umano cerca rifugio in Iddio, secondo ciò che disse il Principe dei credenti Alì (A): “Se temi le creature, fuggi da loro, se invece temi il Creatore, cerchi rifugio in Lui”[7].
I livelli del timore
Secondo il parere di Khaje Abdollah Ansari, il timore nasce dall’umiltà. Dio dice: “E colui che avrà paventato di comparire davanti al suo Signore …”[8]; il timore è paura e la paura la fortezza della fede, il conforto della taqwa e l’arma del credente.
Questo timore è di tre tipi: transitante, stabile e predominante.
Il timore transitante nasce nel cuore e passa, il minimo di timore che se non ci fosse, non ci sarebbe fede. Se non c’è paura, non c’è sicurezza né fede. Più è la fede, maggiore sarà il timore.
Il timore stabile è quello che impedisce al servo di compiere peccati e lo allontana dalle cose proibite e riduce le sue aspirazioni.
Il timore predominante, che è la paura dell’inganno, attraverso cui si apre la via della verità e dell’etica, risveglia l’individuo dalla negligenza. I segni dell’inganno sono dieci: obbedienza senza piacere, insistenza nel compiere azioni probe senza pentirsi di quelle cattive, il chiudersi le porte della dua, conoscenza senza pratica, saggezza senza intenzione, essere con Dio senza rispettarLo, il chiudersi le porte dell’implorazione e frequentare i reprobi. Infine gli ultimi due segni, più importanti dei precedenti: la donazione di fede al servo in modo indeterminato e l’abbondono a se stesso; questo è il timore dei penitenti[9].
Spiegazione: la realtà del timore è che il viaggiatore spirituale, sfiduciato dalla realizzazione del suo scopo o in attesa che succeda qualcosa di spiacevole, non sia sicuro della sua situazione attuale e sia quindi inquieto.
Il timore del viaggiatore spirituale riguardo al miglioramento della sua condizione è di tre tipi:
· Il timore comune: cioè la paura della punizione di Iddio, che quando si rende conto del Suo potere, diventa inquieto e sgomento; Dio nel Corano dice: “… e che temono il Giorno in cui i cuori e gli sguardi saranno sconvolti”[10].
· Il timore degli individui di rango spirituale medio: cioè la paura dell’inganno divino, che hanno coloro che possono percepire la presenza di Iddio e temono sempre che possano perdere questa loro capacità, hanno paura di godere dell’effusione divina senza però godere di Colui che effonde, Dio nel Corano dice: “Per chi avrà temuto di presentarsi [al cospetto] del suo Signore ci saranno due Giardini”[11].
· Il timore degli individui di rango spirituale elevato: quando essi percepiscono la presenza divina, oltre a contemplarne i Suoi attributi di bellezza, contemplano anche quelli di magnificenza, cioè quando sono in adorazione, percepiscono il fatto che Egli non ha bisogno della loro adorazione oppure nel momento in cui Gli dimostrano affetto, la Sua grandezza li intimorisce e di fronte ad essa si sentono nulla.[12]
Perciò il timore degli individui speciali ed eminenti è diverso da quello degli altri. Il loro timore, risultato della contemplazione della magnificenza divina e della manifestazione dei Nomi nel cuore, aumenta di continuo ed essi sono immersi nel piacere spirituale. Questo timore non è inconciliabile col versetto: “In verità, quanto agli intimi, non avranno nulla da temere e non saranno afflitti”[13].
È per questo che rivolgendoci alla nostra nobile guida, l’imam Mahdi (Aj), recitiamo: “Pace a te, o puro e timorato (della magnificenza divina)!”.
[1] Allamah Majlesi, Bihar al-Anwar, vol. 71, pag. 360.
[2] Reyshahri Mohammad, Mizan al-Hikmah, vol. 3, hadìth 5258.
[3] Sacro Corano 3:175.
[4] Reyshahri Mohammad, Mizan al-Hikmah, vol. 3, hadìth 5178.
[5] Ivi, hadìth 5195.
[6] Naraqi Molla Ahmad, Mi'raj al-Sa'adah, quarto bab, quinta riga, terzo maqam, Khawf-e ilahi.
[7] Reyshahri Mohammad, Seyyed Hamid Hosseyni, Muntakhab Mizan al-Hikmah, hadìth 2000.
[8] Sacro Corano 79:40.
[9] Ansari Khaje Abdollah, Sad Meydan, meydan 33, pag. 36 (a cura di Qasem Ansari, Khetabkhane-ye tahuri, terza ristampa).
[10] Sacro Corano 24:37.
[11] Sacro Corano 55:46.
[12] Damadi Seyyed Mohammad, Shahr bar Maqamat-e Arba'in ya Mabani-e Seyr va Soluk erfani, pag. 145.
[13] Imam Khomeini, Shahr Cehel Hadith, pp. 230-231.